Lavoro con la pelle da anni, mi affascinano il suo comportamento, il peso, il profumo, la sua incredibile presenza tattile.
C’è una raffinatezza che dona ai capi e che nessuna alternativa sintetica è mai riuscita a riprodurre.
La pelle respira, si modella sul corpo, invecchia con grazia, racconta una storia.
Sono però pienamente consapevole degli animali che ci sono dietro. Amo gli animali e non potrei mai giustificare l’uso di un materiale che provochi sofferenza per la sola idea di moda.
Per questo utilizzo esclusivamente pelle proveniente come byproduct dell’industria alimentare, pelli che altrimenti verrebbero scartate.
Per me non è un compromesso, ma una scelta etica: riutilizzare ciò che già esiste significa onorare la materia e rispettare la vita che l’ha preceduta.
Se un giorno il mondo smettesse di mangiare carne, smetterei anch’io di usare la pelle.
Ma finché questo byproduct esiste, trasformarlo in qualcosa di duraturo mi sembra un gesto di profonda responsabiltà, un modo per chiudere il cerchio.
A differenza della maggior parte delle “alternative” industriali, la pelle è biodegradabile: ritorna alla terra, non alla discarica.
È questa la forza silenziosa di un materiale naturale: vive, muta, e infine ritorna.
Indossarla significa sentire quella verità sulla pelle, morbida, imperfetta, autenticamente reale.